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giovedì 9 gennaio 2014

La nostalgia della speranza - Riflessione di un'italiana all'estero

Ci sono giornate buone e giornate meno buone, poi ci sono le giornate pessime, quelle in cui vorresti solo rannicchiarti sotto il piumone. Credo aver iniziato in questo modo miliardi di flussi di pensieri nella mia breve vita, credo di aver avuto una vita facilitata rispetto a tanti nel mondo, con una casa, una madre, degli amici, un'istruzione che ormai è "superiore" grazie al mio titolo di laureata. Nonostante questo ho avuto le mie difficoltà, i miei momenti brutti fin da bambina e non di quelli in cui non ti danno il gioco che vorresti, momenti veramente brutti.
So che i periodi schifosi ci sono e poi passano e ne vengono altri più belli e poi tornano quelli brutti, a volte molto peggiori di quelli precedenti. Ho anche avuto periodi di depressione, ho avuto pensieri terribili su me e il mondo, ma in qualche modo grazie a chi mi stava vicino sono andata avanti.

Crescendo i momenti brutti diventano più brutti, anche se non è solo la morte a far parte dell'equazione dello scorrere del tempo. Le preoccupazioni ti prendono e devi pagare l'affitto, trovare un lavoro, cercare te stesso e il tuo ruolo nel mondo cosa che forse non succederà mai. La paura dell'ignoto futuro fa più paura perché non è più un oceano di possibilità, ti lascia solo sballottato nel nulla e nel tutto che ci circonda, nel continuo sbattere la testa contro ciò che noi vogliamo e che non possiamo ottenere. Non essere mai soddisfatti è una caratteristica di chi punta in alto, ma a volte questo può farci più male che bene. Non sto parlando di una crisi da ventenne in cui mamma mi dice che devo trovarmi un lavoro perché è ora che mi paghi la benzina da sola. Io non ho neanche la patente.

Ho spesso sognato di venire a vivere in Inghilterra e speravo di non farlo da sola e guarda un po', il sogno si è avverato. Sono qui con la persona che amo, con una bella casa, dei gattini che in questo momento mi dormono addosso e cerco un lavoro da mesi, l'unica cosa che fa sì che io non sia soddisfatta di me. Continuo a dirmi da sola che non valgo abbastanza, non sono abbastanza brava e per questo cerco di spingermi fuori dall'abisso da sola, facendo progetti, lavorando a gratis, creando qualcosa di mio ogni giorno, anche se non sempre mi soddisfa.

Tuttavia ho tanta rabbia. Ho rabbia perché è stata una scelta obbligata quella di venire qui. Sto con un ricercatore che in Italia avrebbe potuto a malapena mantenersi, in due avremmo raggiunto circa quello che ora lui prende da solo di stipendio, vivendo in una città come Milano. Se potessi vivere in Italia come vivo qui sarei felice. Sarei felice perché avrei i miei amici, mia madre, il mio vecchio gatto miagoloso, le mie strade, il mio cibo, la mia città con i suoi vicoli che conosco a memoria anche se scordo i nomi delle vie. Qui penso che una volta risolto il problema del lavoro sarò felice, però mi mancherà sempre il mio paese.

Perché non sono mai stata nazionalista, però ci sono cose dell'Italia che amo. Mi manca il pane, mi manca l'olio, anche se qui si trova non è quello del contadino toscano che te lo manda, il vino dell'amico viticoltore o le nocciole dello zio nelle langhe. Mi manca la montagna, mi manca prendere il treno ed arrivare al mare. Mi mancano le persone. Parlando con i molti stranieri qui sono tutti felici di vivere in Inghilterra eppure tutti avrebbero voluto restare dov'erano, almeno per quanto riguarda gli europei.

Come dice un video che circola ultimamente, ti abitui, ma alla fine hai gli occhi lucidi. Ti senti di aver fallito perché non riesci a cambiare il tuo paese, perché chi dovrebbe ascoltarti non lo fa. Perché la ricerca non ha fondi, la scuola viene sempre più distrutta e la mafia sta vincendo sempre di più. Ti rendi conto guardando i grandi occhi di tua madre lucidi per la tua partenza che è felice che tu possa avere più possibilità, possibilità che lei ha avuto in Italia e che tu non avresti restando. Ti rendi conto che restare significava trovarsi a 30 anni con un lavoro precario nella casa in cui sei cresciuta e che probabilmente non avresti avuto una casa tua facilmente.

Alla fine realizzi che pensare all'Italia ti fa piangere e parlare con altri italiani del vostro paese è un'amara nostalgia. Vorrei tornare e avere la forza di fare qualcosa, ma non posso rinunciare ai miei sogni per un paese in cui tutti urlano il loro dolore e nessuno ascolta. Spero solo che noi che abbiamo sperimentato quanto faccia male crescere così ce lo ricorderemo una volta al comando e che permetteremo ai nostri successori di avere almeno la speranza, perché sta morendo anche quella. Un giorno, sinceramente, spero di poter tornare.